Viaggio d'istruzione classi terze- Trento e Rovereto

TRENTO E ROVERETO: TRE GIORNI INSIEME.

IMPARARE DIVERTENDOCI E DIVERTIRCI IMPARANDO.

LA III A

 

Visita della Campana dei Caduti e del Muse

Il primo giorno della nostra gita a Trento e Rovereto abbiamo visto due cose completamente diverse tra loro ma ugualmente bellissime. Come prima cosa abbiamo visitato la Campana dei Caduti, creata appunto per ricordare nel tempo tutte le vittime della prima Guerra mondiale. Quando siamo entrati in questo posto abbiamo visto un video in cui ci hanno spiegato le cose principali da sapere e utili per capire quello che rappresentava. Secondo me è stato molto bello capire e rendermi conto di quanti paesi siano stati realmente coinvolti nella Guerra mondiale e quanti guerrieri si sono persi. Li definisco così perché anche se migliaia, ognuno di loro ha combattuto per la patria e si è sacrificato per il nostro presente. Non penso ci sia altro modo per definirli, chiamarli soldati sarebbe troppo generico. Quando ho camminato sulla strada e sono passata in mezzo a tutte le bandiere mi sono immaginata nei tempi della guerra.     

Nei momenti in cui la vita doveva essere davvero molto complicata sia in battaglia che per le famiglie. Ho provato un’emozione davvero molto forte. Un insieme tra tristezza e gratitudine per loro. Non penso ci sia davvero modo per spiegarlo ma è un’emozione che non dimenticherò mai.

Quest’immagine raffigura le bandiere che sono state inserite nel sito delle Campana. Quando ci si passa di fianco ci si rende conto volta per volta di quante persone sono morte e di quante famiglie devono aver sofferto per questo. Sono arrivata alla fine e avevo perso il conto. Un conto che non avremmo dovuto fare. Purtroppo però la Guerra c’è stata, c’è e ci sarà per sempre. Di fianco alle bandiere dei paesi più “conosciuti” se così si possono definire, mi sono anche resa conto con molto dispiacere che altri paesi sono stati dimenticati. Dimenticati da chi doveva ricordare più di tutti e da chi poteva cercare di cambiare il futuro. Pensando al presente, migliaia di persone muoiono in guerra e noi non sappiamo neanche quante persone sono morte per questo nel nostro presente…questo mi ha fatto riflettere molto.

Infine siamo arrivati alla vera Campana dei caduti.

    

Quella che quando suona fa ricordare, ricordare molto. Con la sua maestosità domina Trento ed è come la protagonista di uno spettacolo teatrale. Uno spettacolo con la trama tragica che per fortuna si conclude. È una campana molto grande e grande è stata l’emozione nel trovarvisi sotto, guardare dentro…oh quante emozioni! Emozioni contrastanti che hanno inondato tante persone nello stesso momento come allora, ai tempi dellla Guerra dove le emozioni erano di tutti.

Nel pomeriggio siamo stati al Muse. È il museo della scienza di Trento e prima di svolgere la visita guidata abbiamo passato un po’ di tempo nella prima sala del museo. In questa c’erano molti giochi di logica, intelligenza, equilibrio e molto altro che spiegavamo concetti che si studiano a scuola o che riguardano la vita di tutti i giorni. Quelli che mi hanno colpito particolarmente sono stati due:

  • Il primo è stato quello dell’equilibrio in cui c’era una piattaforma con il fulcro al centro, su cui bisognava salire e cercare di non toccare le due sbarre di ferro poste come sostegno. C’era anche un monitor che calcolava quanti secondi stavi in equilibrio. L’ho trovato interessante perché ho subito pensato agli equilibristi: loro camminano a centinaia di metri in equilibrio su un filo e io sono riuscita a starci per poco più di 6 secondi. Ho capito anche che non tutto quello che si può fare è semplice ma che ognuno ci può provare.
  • Il secondo quello in cui bisognava costruire un ponte con dei blocchi colorati. Era tutto un gioco di incastri. Alla fine siamo riusciti a finirlo. Era come quello degli antichi romani. Abbiamo capito come lo costruivano ed il perché. Durante la visita guidata abbiamo parlato soprattutto dell’evoluzione della terra nel tempo e degli esseri viventi. Il museo è suddiviso in vari piani ma noi ne abbiamo visti solo alcuni.

Il primo è stato quello dove la guida ci ha parlato dei dinosauri e di come la Terra e i pianeti più vicini a lei, da essere simili, sono completamente cambiati. Abbiamo osservato delle foto ipotetiche di come poteva essere la Terra 100 e 500 milioni di anni dopo la sua creazione. Osservare come era e come è diventata è stato strano: non avevo mai pensato che la nostra Terra potesse essere tanto diversa nel passato. Ma quando siamo arrivati davanti ai dinosauri mi si è aperto un mondo. Un mondo in cui con le parole della guida costruivano un film nella mia mente. Come cacciavano, chi cacciavano e soprattutto quello che devono aver passato quando il meteorite ha colpito la terra. Me lo sono proprio immaginato quel momento, un momento di pericolo che negli ultimi anni hanno vissuto migliaia di persone. Mi sono venuti in mente gli attacchi terroristici della Francia. Che un mese prima del primo attacco a Parigi io ero li. Sono emersi molti ricordi tristi ma mi sono sorpresa appunto nel riuscire a collegare l’estinzione dei dinosauri con quella di molte persone per il terrorismo.

In seguito abbiamo parlato dei primi esseri viventi sulla terra, degli esseri umani e di quante “specie” umane erano esistenti all’inizio. Ho risposto ad una domanda che mi facevo da un po’: quella del perché siamo tutti della stessa razza o specie, o meglio del perché non esiste la “razza umana”. Il perché è semplice. Siamo tutti la derivazione e quindi il risultato dell’unione di molte specie esistenti solo inizialmente. Mischiandoci, emigrando ci siamo resi uguali.          

Abbiamo anche parlato di inquinamento e cambiamenti climatici, osservando la terra, quanta luce si emette di notte e di quanti aerei si usano senza motivi davvero così validi. Stiamo tutti ammazzando il nostro pianeta e non esiste un altro di scorta. Dopo quest’ultima cosa abbiamo visto velocemente l’ultimo piano in cui c’era un ghiacciaio creato artificialmente.

Durante la visita siamo anche passati nella serra. È stato molto bello passare da un museo vero e proprio con muri ad una zona completamente verde.

Testo e foto di Alice Perego

 

Le trincee e il museo della guerra

La gita nelle trincee dell’esercito austroungarico vicino a Rovereto è stata molto interessante per i nostri gusti e anche molto utile. Infatti, tornati a Milano, abbiamo parlato con il prof di storia e abbiamo deciso di portare all'esame un progetto sulla prima guerra mondiale.

La visita delle trincee si è svolta in mattinata. La guida è stata molto brava nello spiegare quindi ha coinvolto molti di noi, anche coloro i quali pensavano di non nutrire un interesse per questi argomenti.

 

Ha spiegato molto bene la funzione delle strutture che abbiamo visto prima delle trincee come cucine, la cisterna per l'acqua e le grotte scavate per proteggersi dai bombardamenti e ad accompagnarci durante il percorso. I paesaggi erano bellissimi in particolare quando siamo andati in cima, però anche lungo il percorso era tutto molto interessante. Ci siamo fermati e abbiamo fatto moltissime foto. Era molto suggestivo osservare dalle postazioni di avvistamento e dalla fucileria.                       

Finalmente, dopo un lungo cammino in salita lungo le montagne, siamo arrivati alle trincee. Erano basse, letteralmente scavate nella roccia e soprattutto molto, molto strette. Quando camminavamo lungo il loro percorso in salita non è stato sempre facile poiché si scivolava un pochino visto che aveva piovuto il giorno prima. Mentre procedevamo pensavamo ai soldati e a come riuscivano a salire su quelle stradine ripide piene di neve, di fango, piene di foglie bagnate. Chissà se anche loro scivolavano mentre pioveva, mentre                                      

nevicava. Chissà se riuscivano a sopportare tutte queste cose? Ma soprattutto ci siamo chiesti quanta paura o ansia possano aver avuto visto che da un momento all’altro potevano ricevere una palla di cannone sulle grotte in cui loro si “rifugiavano”.

Continuavamo a pensare che un ragazzo con qualche anno in più di noi poteva essere lì sul serio sotto il fuoco nemico rintanato in una grotta con la paura di non tornare più a casa...

Durante la gita si vedevano molto spesso targhe inchiodate alla roccia con scritto: "postazione fucileria" o "osservatorio" e nel nostro immaginario c’era un soldato che col binocolo scrutava la montagna di fronte dove c'erano gli italiani.

                                 

Nel pomeriggio siamo andati a visitare il museo della guerra di Rovereto passando prima da un ambiente con dei cannoni all’interno. Abbiamo avuto sempre la stessa guida della mattina ed è stato ancora molto bravo nello spiegare. Per quanto riguarda il museo dove c’erano i cannoni ci siamo chiesti quanto era difficile portare i vari pezzi di un cannone su per la montagna. Bisognava smontare ma costava comunque molta fatica.

 Il museo di storia ci è piaciuto tanto e quello che ci ha colpito di più è stata la vista dei diversi elmetti. Abbiamo infatti scoperto che gli eserciti non hanno adottato subito gli elmetti.

L'elmetto veniva usato per proteggere la testa del soldato dalle schegge di granata o bomba, ma non era in grado di fermare un proiettile. Ci hanno mostrato la differenza tra gli elmetti dei diversi eserciti e come si potevano riconoscere.

Poi abbiamo visto diversi cannoni, obici e mortai.

Poi un aereo caccia italiano.

La guida ci ha spiegato che gli aerei più che per combattere venivano usati per incutere paura e scattare fotografie dall'alto per capire come si difendevano e cosa preparavano gli eserciti stranieri. Infine abbiamo visto il funzionamento di un fucile a otturatore scorrevole usato praticamente da tutti gli eserciti della grande guerra.

Per noi che siamo appassionati a questi temi è stata una bellissima esperienza ma scommettiamo che anche per i nostri compagni è stata una bellissima esperienza.

Inoltre noi abbiamo studiato Garibaldi e la spedizione dei mille e in quel museo c’erano le divise garibaldine molto interessanti perché si collegavano a quello che stavamo facendo in storia. Abbiamo visto le famose “camicie rosse”. Questa gita la riproporremmo agli alunni dei futuri anni per il suo valore didascalico e perché abbiamo visto fonti materiali di vario tipo.

Testo e foto di Alessandro Curati e Giorgia Sbaglia

Fumetto realizzato da Matilde Dosselli

 

Tre giorni con una suspence continua. Racconto rivisitato della gita

Questa è stata una di quelle gite che non si scorderanno mai!!

Era il 22 Ottobre e dovevamo partire con la scuola per andare a Trento.

Fin dalla partenza avevamo il presentimento che qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto.

Infatti il prof. Insonnia, di solito sempre preciso e puntuale, non si era presentato alla partenza del pullman.

Non vedendolo, ci eravamo subito allarmati, anche perché non rispondeva neppure al cellulare.

Il professore ci aveva detto che era preoccupato di accompagnarci in gita per tutto quello che sarebbe potuto succedere; ma addirittura abbandonarci alla partenza, ci sembrava troppo!

Finalmente, dopo quasi mezz’ora di attesa, è arrivato di corsa con l’aria sconvolta accompagnato da un misterioso borsone nero che ha consegnato malvolentieri all’autista del pullman. Lo abbiamo accolto con un caloroso applauso ma, nonostante ciò, il professore era sovrappensiero per qualcosa di cui non eravamo a conoscenza. Finalmente, tra raccomandazioni e ritardi, siamo partiti.

Dopo tre ore, se non di più, siamo finalmente arrivati a destinazione; che per nostra sorpresa non fu l’hotel ma bensì la Campana dei Caduti dopo la quale visitammo anche il MUSE. Verso il tardo pomeriggio, eravamo stanchi morti e avevamo voglia di riposarci in albergo prima di cena. Purtroppo, però, non sapevamo cosa ci aspettasse…

Scesi dal pullman, era già buio e il paesaggio era avvolto nella foschia.

Abbiamo preso tutti le nostre valigie, anche i professori tra cui il prof. Insonnia che, con aria furtiva, ha preso il suo borsone e lo ha stretto a sé per paura che qualcuno potesse toccarlo.

Finalmente eravamo arrivati al tanto desiderato albergo: sulla facciata principale si trovano dei lampioni che illuminavano un ragno grosso, nero e peloso che sembrava ci volesse dare il benvenuto.

Una volta entrati, abbiamo notato che l’arredamento era piuttosto antico e pesante, sembrava uno di quegli alberghi che si vedono nei film, dove, da un momento all’altro, succede qualcosa di terribile.

Ma noi eravamo troppo stanchi per preoccuparci di tutto ciò e siamo subito saliti nelle nostre stanze, felici e ansiosi di vedere le camere che ci avevano assegnato per queste due notti.

Il prof. Insonnia, però, aveva il viso sempre più preoccupato: eppure non era successo nulla, eravamo stati bravi, ci eravamo divertiti e il primo giorno era stato molto interessante. Dopo aver sistemato i nostri oggetti personali, siamo scesi per la cena.

La felicità e l’entusiasmo di stare insieme non ci ha fatto preoccupare più di tanto per alcuni particolari inquietanti, come strani insetti che qualcuno giurava di aver visto.

Le cose più strane, però, dovevano ancora succedere. Durante la notte siamo stati svegliati da rumori improvvisi, vetri che si frantumavano, cubetti di ghiaccio che cadevano e qualcuno che trascinava qualcosa di pesante… ci siamo alzati di scatto e con un movimento rapido e veloce abbiamo aperto la porta, ma niente, non c’era nessuno.

La mattina dopo, abbiamo chiesto ai nostri compagni se avessero sentito gli stessi rumori: alcuni ci hanno risposto che si erano talmente spaventati da non avere chiuso occhio, altri dicevano che era stato solo frutto della nostra immaginazione. Anche il secondo giorno si è svolto senza nessun problema, abbiamo visitato le trincee della Prima Guerra Mondiale e il Museo Storico Italiano della Guerra. Le visite sono state molto interessanti e il tempo, per fortuna, era caldo e soleggiato. La serata si è svolta più o meno come il giorno precedente ma, il prof. Insonnia, ogni volta che tornava in albergo assumeva un comportamento strano: era come, se quel posto, lo trasformasse.

Tutti hanno cominciato a notare il suo strano comportamento che assumeva proprio appena giunti in hotel. Era come se dovesse fare qualcosa di importante per lui e non volesse farlo scoprire a nessuno. Abbiamo chiesto al professore se stesse bene o se fosse arrabbiato con noi, ma lui ci ha risposto frettolosamente che era molto contento di noi perché ci eravamo comportati in modo consono al luogo in cui ci trovavamo.

Abbiamo pensato che fosse solo preoccupato che potesse accadere qualcosa di brutto durante la gita. Infatti, il primo giorno ci aveva fatto chiudere bene tutte le persiane delle stanze e ci aveva proibito di aprirle e di andare sui balconi.

Anche durante la seconda notte, agli inquietanti rumori della notte precedente, si è aggiunto un rumore di passi pesanti. Abbiamo avuto di nuovo la tentazione di andare a controllare da dove venissero ma, la paura di uscire in quel corridoio con la moquette rossa da film horror, è stata più forte della curiosità.

La mattina successiva, quella della partenza, abbiamo dovuto portare le nostre valigie in reception prima di fare colazione. Il prof. Insonnia, sempre con il suo solito atteggiamento alquanto inquietante, ha nascosto la sua borsa in un angolino in modo che nessuno potesse curiosare al suo interno.

La colazione si è svolta tranquillamente e, terminato di mangiare, siamo partiti per le ultime tappe della gita, cioè la Casa Depero e il MART. Abbiamo lasciato l’albergo, tutto sommato contenti di non dover più tornare in quel posto dagli avvenimenti inquietanti.

Anche queste ultime visite sono state abbastanza interessanti. Al termine dovevamo caricare i nostri zainetti nel bagagliaio del pullman, prima di partire per tornare a Milano. Durante la giornata avevamo parlato con i compagni dello strano atteggiamento del prof. Insonnia e della sua misteriosa borsa e avevamo escogitato un piano per controllare cosa nascondesse. Alla fine, abbiamo deciso che uno di noi avrebbe distratto l’autista del pullman con una scusa stupida e, mentre le altre con l’aiuto dei compagni tenevano occupato il Prof., due di noi avrebbero aperto il borsone. Il piano è riuscito alla perfezione ma, al momento di aprire la borsa, ci siamo sentiti un po’ in colpa, però era necessario procedere. Ci siamo fatte coraggio e abbiamo aperto la zip, non potevamo credere ai nostri occhi! La borsa conteneva tre barattoli di Nutella da 500 grammi completamente vuoti e due vaschette di gelato all’amarena anche loro vuote! Il prof. Insonnia, durante la notte, si alzava, prendeva la borsa e tirava fuori la Nutella e il gelato che aveva tenuto in fresco grazie a sacchetti pieni di ghiaccio: ecco cosa erano i rumori che si sentivano!!

Davanti a quella scoperta siamo scoppiate a ridere e abbiamo rassicurato i nostri compagni che il professore non nascondeva nulla di strano. In quel momento, però, il Prof. ci ha sorpresi e siamo morti dalla paura pensando alle conseguenze che avremmo dovuto subire. Il professore, però, si è messo a ridere e ci ha detto che era talmente preoccupato per quella gita che aveva dovuto portare Nutella e gelato per superare l'ansia.

Tutto è finito per il meglio e il viaggio di ritorno si è svolto in allegria…Ma un dubbio ci è rimasto: quelle vaschette sporche di liquido rosso, contenevano veramente gelato all’amarena? Ed era veramente la borsa ad essere trascinata?

Testo e disegno di Laura Bonfanti, Stella Calamita, Sara Spinello, Alessia Torti

 

racconto .docx
Trento.docx